venerdì 28 gennaio 2011

Scotch carta sui capezzoli


Attraverso trafelata il cancello: come al solito sono in ritardo. Guardo il cellulare e calcolo che, camminando velocemente, se non incontro nessuno, dovrei farcela preciso preciso per le due.
Arrivo anche in anticipo di almeno cinque minuti, e quando tocca a me, presento la prescrizione all'accettazione e spiego che ho un appuntamento per un'ecografia bilaterale al seno. Mi viene dato un numero giallino, di quelli tipo reparto salumi: "nfondecografiunoappenavedel'infermieraglielilida' ", biascica l'occhialuto, che se non avessi avuto la mia eccezionale memoria auditiva, mica sarei riuscita a capire che dovevo andare in fondo al corridoio, "Ecografia Uno". Bene. Adesso c'è da cercare qualcuno col camice bianco.
Porte inaccessibili, vestito di bianco non si vede nessuno, mi siedo sotto al cartello con scritto Ecografia 1. Una certezza.
Di fronte c'è un quadro di Klimt, che rappresenta delle donne aggrovigliate... ci si può perdere, tra quelle braccia, quelle gambe, quei colori. "La vergine". Meno male. Mi fa da salvaschermo nell'attesa.
Invece mi accorgo di non averne bisogno: la mia attenzione viene strappata subito da una donna che si siede accanto a me, è la numero venti, e mi fa qualche domanda sul numero giallo. Inizia a confidarmi come l'abbiano mandata di corsa a fare un'eco dopo la mammografia... speriamo bene. Intanto, esce la signora n.18, piange... non capisco... riesco a captare la frase "ago aspirato", ma non comprendo se il motivo di un tale stato d'animo è dovuto alla crudezza del metodo oppure all'esito dell'esame. Di un camice, nemmeno l'ombra. Arriva una terza donna, molto curata... vistoso maglione verde a losanghe: racconta che si è salvata dal tumore al seno anni fa, con una "riduzione" e ora deve fare un controllo. Eppure il suo seno è molto bello, valorizzato dalla trama della lana grossa che lo ricopre. Orecchini a bottone dorato, jeans giovanili: non avrà 45 anni. Guardo il quadro: donne le cui membra smontate si incastrano come in un puzzle, con geometria innaturale. Viene coperto da una sagoma femminile... mi risulta familiare, quella figura, e d'un tratto realizzo che è la mamma di Francesca, quella che non ama cucinare. La saluto, mi riconosce. Mi passa avanti. Perchè d'un tratto si materializza al mio fianco l'angelo bianco, che dice "non chiamiamo in ordine di numero, non vi stupite", lasciando intendere che l'ordine di entrata è in base alla gravità del caso. Ehbè, io non entrerò mai se la mettete così: ho il bollino verde sulla busta... "macchè", penso, "è perchè lavora al reparto accanto da trent'anni." Me lo conferma lei stessa, e lo tollero. In fondo, sembra piuttosto agitata... Entra. Al posto della donna che piangeva si siede un'anziana signora, che continua a tentennare la testa come a dire "no, no, no". Non riesco a capire se abbia un tic da degenerazione senile oppure sia disperata. Le donne del quadro mi paiono improvvisamente tumefatte, violacee... vittime di un bombardamento. Se non mi chiamano divento matta qua fuori... la mamma della Francesca esce con un bel sorriso, la signora accanto a me blocca la testa per un attimo mentre la guarda in faccia, l'infermiera esce salutando ed esclama "n. 19... da ora si va in ordine di numero" ... Ho il 19, e so che ho vinto. Scatto in piedi come una molla mentre l'infermiera mi accompagna per ragioni a me ignote in saletta "Ecografia 2", dove mi lascia dicendo di spogliarmi. Mi tolgo maglia, maglietta, reggiseno, mi siedo sul lettino. fisso il comodino con su scritto "gel steril", "siringhe 6", "bende", "cerotti". Francamente non mi sento a mio agio, a tette all'aria in una stanza sconosciuta. Passa un'eternità, prima che si veda il dottore. Tanto per rompere il ghiaccio gli dico secca "mi deve fare il certificato per il lavoro". Non saprei nemmeno dire con che mezzo costui mi abbia cosparso il seno di gel trasparente, tant'ero occupata a studiare la genuinità del suo atteggiamento verso di me. Mi sono ritrovata un aggeggio freddo che indagava il mio profilo ascellare, mentre il mio interesse passava piuttosto alla comunicatività dei tratti somatici di questa persona. "Tutto ok" dice "quello di destra è aumentato di tre millimetri, ma non è preoccupante". L'angelo bianco mi aspetta fuori, stavolta: "sono trentasei e quindici, macchinetta ticket al primo piano, paga e poi le dò il referto", mi dice. "sedici euro a tetta", penso. Guardo il quadro: le donne restano lì accoccolate, strette strette, l'una vicino all'altra, come per farsi coraggio.

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