giovedì 22 dicembre 2011

Scotch carta per attaccare il cartello vendesi

Si arriva da una strada che sembra di campagna, e invece è a un tiro di schioppo dalla città. Attenti alla curva in salita. Hai visto lo scoiattolo che ha attraversato?!
Sali, sali ancora. Il cancello s'impone maestoso, ma accanto la scritta "ad conventum" mi rassicura tanto, e mi sa di famiglia e di accoglienza calorosa. Immagino sempre come si possa sentire un viandante, leggendola. Scendo a suonare: siamo noi! Il viale sterrato si apre, compare l'ulivo illuminato dal faretto. Vitellozzo non si sposta dalla strada, al solito. Sembra sul divano di casa sua, anzichè sdraiato sui ciottoli... tutte le volte rischi di investirlo nel buio, quel bischero. Come sempre, alzo la testa verso la scaletta laterale, e guardo la luce della cucina dalla grata di ferro: non ti sei affacciata nemmeno stavolta, e la cosa mi piace: non sono un ospite cui serbare particolare riguardo, sono una di casa. Mentre salgo, ho sempre la sensazione di trovarmi in Sicilia, ed è come se sporgendomi sulla terrazza verso sinistra, io potessi vedere il mare con le luci della Calabria. Sarà l'odore degli alberi, sarà il pergolato di glicine, sarà l'enorme pianta di capperi fioriti che pende dal muro che mi portano via... sarà il fatto di vedere il cielo aperto e le stelle sopra la testa, o l'assenza del rumore delle macchine... qualcosa in quel luogo mi porta a credere di trovarmi altrove, come se avessi preso un treno nel momento preciso in cui ho varcato quel cancello.
Il gradino del giardino di sotto l'ho disegnato, una volta, quando non c'eri. M' intrigava quella forma antica, dev'essere una vecchia pietra dell'epoca in cui qui abitavano le monache, quello che portava all'orto, ieri come oggi. Magari, non è vero nulla, ma scenderlo mi dà sempre l'idea di attraversare la soglia di uno spazio riservato, custodito gelosamente, importante. Ho le foto di quando siamo scesi in piscina... penso che gli occhi e le gote di quella scalmanata della Giulia che sguazza insieme alla sua foca di plastica non li dimenticherò mai, mi rimarranno lì, in mezzo al prato, qualsiasi cosa possano costruirci sopra. Ci sono stata un pomeriggio - l'unico in cui ho avuto tregua, quell'estate - immersa nei riflessi degli alberi, a leggere L'Anello di Re Salomone, in compagnia soltanto del rumore dell'acqua che spostavo. Poco lontano, sotto la terra ci sono due fiori azzurri, li mettesti tu. Si, vengo, vengo. Mi appoggio alla testa del grande nano da giardino, salendo. Ma come hai fatto a pensare di metterci quel coso? E' davvero kitch, ma devo confessare che non sarebbe lo stesso senza di lui. Ci accogli indaffarata vicino al forno, col tuo solito sorriso distratto... a destra, il camino scoppietta di luce, sormontato da gadgets sui gatti di ogni sorta... soprammobili, accendini... Gatti nei piatti appesi alle pareti, gatti nelle foto. Il Leo, enorme palla di pelo arancione, sgranocchia biscotti in un angolo dietro di te, mentre armeggi con la teglia... Anche i sacchetti dei nostri biscotti sono pronti sul tavolo, e si sente il profumo della tua glassa al limone, come tutti gli anni. "Caffè alla tedesca per tutti?"

Non mi mancheranno solo i tuoi biscotti, Betty, quest'anno.

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