mercoledì 31 luglio 2013

Scotch carta per chiudere una scatola

La scatola era azzurra, d'un formato strano: stretta e lunga com'era, pretendeva di contenere un consistente pezzo di vita, come se di esso si potesse fare il sunto, scrivendolo da sinistra verso destra. Questa cosa, che chiamavo tra me e me "il filo", non aveva certo il potere di annullare i chilometri di distanza, ma in un certo senso mi rassicurava nell'attesa. Incastravo i vari pezzi di esperienza come frammenti di un puzzle da fornirti, per colmare il vuoto della tua mancanza nel mio quotidiano, certa che un giorno quel sasso, quella foglia, quel frivolo profumo, ti avrebbero restituito tutto quello che della mia vita non potevi conoscere. Il ragionamento filava. O no. Ne avevo qualche dubbio. In effetti m'imponevo di non chiederti niente, di considerare il passaggio della scatola alla stregua di un'antica magia, senza alcuna necessità di spiegazioni, e m'incaponivo a riempire quello spazio di cose mute, privandole di ogni significato nel momento esatto in cui cessavano di divenire mie e divenivano tue. Era sempre più chiaro l'errore, e il fatto che questo non rappresentava una soluzione a niente. Divenne palese: un sasso non parla, una foglia non dice niente di un pomeriggio d'autunno, di un esame, del libro che l'ha schiacciata. Una boccetta di profumo non può raccontare di una risata, di un vestito, né delle luci. Può solo essere quello che è ora: una boccetta di profumo in una scatola. Questo non riusciva ad entrarmi in testa in alcun modo. Per far chiudere il becco a quella vocina che suonava all'incirca come un "non basta... non basta...", giunsi, nella mia follia, ad inserire nella scatola una piccola tartaruga, viva, in pelle e ossa. La chiamasti col mio nome e mi dicesti con entusiasmo che tutte le volte in cui avessi avuto il desiderio di raccontarmi qualcosa, avresti parlato con lei. Fu allora che capii l'errore. Fu allora che tutto quello che avevo cercato di non realizzare si affollò di fronte a me, urlandomi un "te l'avevo detto" dalle mille voci. Il sasso mi urlava "io no parlo". La foglia mi urlava "sono una foglia secca". E la tartaruga... le tartarughe non parlano, mia cara. Le tartarughe, non parlano. Dedicato alle nostre due nuove scatole appena nate.

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