domenica 19 luglio 2015

La stanza azzurra

Le pareti le voglio azzurre come il cielo e come la scatola del signor Bassetti. Ho attaccato un poster, azzurro anch'esso, con due frecce avvitate a molla, che vanno verso l'alto, con sotto scritto 'stai su'. Ci metto anche un albero, all'interno della stanza, uno di quelli con le foglie tonde fitte,  da cespuglio.  Un tavolino basso. Sul tavolo metto una caffettiera pronta e un bicchiere d'acqua non troppo fredda, visto che non ami il caffè. Non ci sono sedie. Quando entrerai, ti inviterò a sederti sul coccodrillo gonfiabile che ho messo a terra, solo con un gesto, perchè qui, non si parla. Non c'è il peso della parola, in questa stanza, nè alcuna percezione di estraneitá, di un modo non più familiare di comunicare. Qui non si avverte l'addestramento che la stratificazione del tempo ha operato sulla capacità di espressione, non si sbatte contro il modo, il tramite, la traduzione, il muro del come. Perchè non è possibile sentire la voce, qua dentro. Non si percepisce il fastidio dell'interpretazione, della possibilitá di errore e tradimento che la traduzione di un'idea in un suono implica. Non esiste medium, qui. Calvino sbagliava a chiamarla leggerezza. L'avrebbe dovuta chiamare linfa, cuore, 'nuce'. Con i miei capelli lunghi raccolti in una coda sulla nuca, sciatta ma comodissima, ti posso sorridere due spanne più alta di te, mentre aggiusti l'enorme cappello da capitano di marina che ti ricade sugli occhi. Qui il tuo nome è un altro. È quello che preferisco. Qui, niente è irrimediabile, difficile, sbagliato e posso vedere la benevolenza e la fiducia del tuo sorriso. Ho messo dei pinoli sul tavolo. Potessi farteli vedere ancora, li schiacceremmo insieme. Faremmo a gara a chi ne mangia di più. Potessi ancora farti vedere l'albero, ci arrampicheremmo ancora. Potessi ancora farti vedere come si scivola, tra le palme, nel blu. Ma tu sei fuori dalla porta, con la tua sigaretta, Campanellino, e la paura è una zavorra terribile.  Non ti permette di sollevarti dalla pesantezza del terreno, ti spezza le ali. Ci vorrebbe un pò di leggerezza. Oppure polvere di stelle. Ma, quella, ce l'ho io, al di qua della soglia, dove le pareti sono azzurre.

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